Nell’ambito dei nutrienti e degli alimenti in genere, associati epidemiologicamente con le neoplasie, i grassi sono i principi nutritivi che hanno dimostrato una maggiore frequenza d’associazione, anche se le perplessità relative al loro ruolo nella cancerogenesi sono ancora numerose e controverse sembrano essere le modalità di danno oncogeno, come già da diversi anni evidenziato e correttamente analizzato.

Storiche dimostrazioni epidemiologiche evidenziano che una dieta ricca in grassi animali può essere associata ad aumentato rischio neoplastico specialmente per le neoplasie del colon, della mammella e della prostata (Creasey, 1985). Importanti risultati suggeriscono un’associazione tra una dieta ricca in grassi e rischio di tumori del colonretto, dei genitali femminili e della prostata (La Vecchia, 1997). Secondo altre rilevazioni epidemiologiche, i grassi monoinsaturi e l’olio di oliva in

particolare hanno la possibilità di ridurre il rischio di ammalarsi di cancro di mammella quando assunti in sostituzione di altri tipi di grassi (Willett, 1997), ma alcune analisi (studi di coorte) non hanno trovato associazioni significative tra consumo di sostanze grasse alimentari e rischio di cancro di mammella né sembra che una riduzione del quantitativo alimentare di grassi comporti una riduzione del rischio (Hunter et al., 1996).

In sostanza emergono sempre più specifiche e dettagliate certezze sul ruolo dei grassi in generale e soprattutto dei grassi saturi nell’ambito dell’etiopatogenesi di molte neoplasie. Deve essere comunque segnalato che, nonostante le innumerevoli evidenze descrittive, permane ancora non pienamente definita o compresa la precisa correlazione tra dieta e cancro; appare esemplificativo in tal senso il dubbio epidemiologico tra assunzione di grassi e rischio per tumore di mammella. Da una lettura più critica dei dati della letteratura sembra infatti di comprendere che le ricerche epidemiologiche tese ad analizzare una possibile associazione tra consumo di grassi e

rischio di cancro di mammella sono contraddittorie, non conclusive e lasciano numerosi dubbi a tal punto che risulta difficile fornire indicazioni o raccomandazioni.

Per quanto riguarda le neoplasie del colon, gli studi epidemiologici, che hanno analizzato la correlazione per esempio tra i livelli sierici di colesterolo e comparsa di neoplasia, sono estremamente contrastanti. In alcune osservazioni l’associazione è stata positiva, in altre ricerche non è stata evidenziata alcuna relazione significativa.

Non esistono comunque dubbi che le classiche dimostrazioni epidemiologiche di un nesso tra consumo di grassi in generale e incidenza di cancro del colon sono tuttora considerabili valide, accettabili e indicative: i grassi alimentari sono cioè un fattore di rischio quasi sicuro per questo tipo di neoplasia.

Le rilevazioni scientifiche hanno però spostato l’attenzione dal consumo lipidico in generale alla tipologia di grassi assunti con la dieta (Reddy, 1994), alla luce delle seguenti osservazioni:

  1. I tassi di mortalità per neoplasia del colon sono inferiori in quelle regioni (Grecia, Spagna, Italia del Sud) dove l’olio di oliva è il grasso alimentare più consumato.
    1. Le popolazioni che costantemente e regolarmente consumano diete ricche di pesce hanno un basso rischio per cancro del colon; il pesce sembra esplicare proprietà protettive nei confronti delle neoplasie intestinali.

Diventa pertanto interessante sottolineare che, nel momento stesso in cui si inizia a ritenere con convinzione dimostrata scientificamente come quasi accettabile il nesso etiologico tra consumo di grassi ed incidenza di neoplasie del colon, le ricerche degli ultimi anni tendono a dimostrare che non tutti i lipidi sono implicati o responsabili del processo di cancerogenesi.

Sappiamo da molti anni che solo i grassi saturi alimentari, e soprattutto un elevato consumo di grassi animali, possono rappresentare un rischio per il cancro del colon (Willett et al., 1990) ed è

verosimile che i grassi siano coinvolti nello sviluppo dei tumori del colon indipendentemente dagli altri fattori ritenuti protettivi quali la fibra alimentare.

In sintesi, alla luce di tante dimostrazioni, il tenore elevato in grassi animali e l’eccesso calorico di una dieta rimangono fattori suggestivi o probativi di una “pericolosità” neoplastica. Specifiche certezze sono al momento suffragate da analisi controllate e nella loro globalità permettono di affermare che un’alimentazione ricca in grassi è associata ad un aumentato rischio per alcune neoplasie ed in particolare per i tumori del colon, dell’endometrio e della prostata. Sebbene siano non completamente chiariti i meccanismi patogenetici, molte evidenze hanno dimostrato che i grassi alimentari sono in grado di comportarsi come promotori del processo neoplastico, il che sembra significare una loro importante ed incisiva azione sulla velocità di proliferazione delle cellule “trasformate” senza influenzarne la trasformazione.

Il ruolo delle sostanze grasse alimentari nel processo etiologico e patogenetico delle neoplasie sta diventando sempre più apparente e gli studi sperimentali su modelli animali sono indicativi in tal senso. Molti risultati scientifici e l’articolata quantità di informazioni presenti, verificate e controllate, sono razionali e prontamente utilizzabili per permettere di sviluppare nuove linee di tendenza alimentare, che contemplino una mirata e saggia limitazione

Marco Zanetti

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